Settimana scorsa l’Inter ha probabilmente perso lo scudetto a causa di un errore del suo portiere Ionuț Radu. Ho scritto causa, non colpa. Perché benché sia facile e rassicurante dare le responsabilità al più debole del gruppo di lavoro quando le cose non vanno, la verità è che l’errore di Radu è colpa di Radu solo in piccola parte. Il grosso di questo disastro aziendale è da addebitarsi a suoi 3 colleghi. Adesso ti dico chi sono e perché.
PRIMA PERÒ VORREI RACCONTARTI UNA STORIA
Tanti anni fa lavoravo in un’Azienda che mi aveva assunto come Responsabile delle Formazione. Fico, pensai. Poi però come spesso succede nelle piccole e media realtà aziendali italiane una volta dentro le cose non sono come te le avevano raccontate. Del resto anche in Jobber, il libro, scrivevo:
L’Azienda è quel posto dove assumono uno specialist di una professione e poi passano tutto il tempo a dirgli come deve fare il suo lavoro.
Ecco, in quell’Azienda, essendo non troppo grande e strutturata, non c’era un Area Formazione, non c’era manco un Dipartimento HR, quindi io, per quanto riguarda il tema "formazione” ero presumibilmente l’unico a occuparsene. Nonostante questo tutti mi dicevano cosa avrei dovuto fare. Me lo diceva il mio Capo, il Capo del mio Capo, il Marketing Manager, il CFO, il General Manager, il CEO e persino il Founder. Che, tra tutti, era anche l’unico con delle idee fiche. Risultato: non si riusciva a fare mai un cazzo.
Il più incredibile era il mio Capo. Non sapeva nulla di Formazione, giustamente occupandosi d’altro, ma bocciava tutte le mie proposte di default. E mi faceva lavorare su idee sue. Che poi, comunque, lasciava marcire in un cassetto.
Forse sono davvero scarso, pensavo. Quando porto una mia idea non me la fanno fare, quando porto il lavoro su un’idea di un altro, alla fine, non la facciamo lo stesso. Qual è l’unico minimo comune multiplo in tutto questo? Io. Ergo: colpa mia.
Eppure avevo oltre 10 anni di esperienza nel campo. Ma nulla, mi son convinto di essere io il problema, di non essere preparato, di non saper lavorare. E la cosa mi generava ansia, frustrazione, insicurezza. Fino a quando non mi ha messo completamente nell’angolo. Non facevo più nulla, tanto non valgo nulla.
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Jobbermag: il lavoro raccontato facile.
Ricordo che una volta mi diedero un compito semplicissimo: organizzare un corso di inglese per i dipendenti. C’era un budget, c’erano dei candidati, delle esigenze di team, degli obiettivi. Si trattava solo di scegliere il fornitore. Ma ormai ero così insicuro sul lavoro, nel mio lavoro, che ricordo il disagio quando mettendo insieme tutte le variabili mi resi conto che il progetto cubava 10297€ ma il budget era 10000. 297€. Duecentonovantasette euro.
Non sapevo come dirlo al mio Capo, passavo la notte a cercare di capire come limare i costi, senza scontentare nessuno, senza fare un torto a un team piuttosto che a un altro. Al loro Capo piuttosto che a un altro. Un vortice. Duecentonovantasette euro, continuava a rimbombarmi in testa. Eppure la soluzione era lì, semplicissima e banale. Spiegare i costi e far aggiungere 297€, un’inezia sul totale. Non c’era manco da pensarci. Ma io, ormai, ero così insicuro che non la vedevo. Sbagliando, così, per l’ennesima volta. Evidentemente.
E mi sembrava tutto normale ormai. Pensa che il mio Capo non voleva manco che mandassi le mail senza che prima fossero state supervisionate. Eravamo arrivati al punto che qualunque cosa scrivessi doveva essere corretta. Per grammatica e contenuto. Lì la mia testa ha fatto click.
Ora, per carità, io non sono nessuno però… ho un PhD in Statistica, il tesserino da giornalista, una madre insegnante di lettere, un padre scrittore, la saprò scrivere una stracazzo di mail senza che qualcuno ci mette per forza becco!?!?
E mi sono licenziato. Il mio Capo è finito a vendere souvenir e l’azienda boh credo che oggi non ci sia più. Ma questa è una storia che racconteremo un’altra volta.
MA COSA C’ENTRA QUESTO CON RADU, L’ERRORE E LO SCUDETTO DELL’INTER?
L’errore fatto da Radu nella partita col Bologna è stato sicuramente grave, più che altro dal punto di vista tecnico: in quella situazione mai andare col sinistro portando la palla verso la linea di porta, meglio aprire il destro che la protegge. Ma la colpa del portiere rumeno finisce lì. Quanti errori tecnici ci sono durante una partita?
La verità è che Radu non avrebbe dovuto essere messo nella condizioni di farlo, quell’errore. E qui, la colpa, non è sua, ma del suo Capo, del Capo del suo Capo e di un suo collega. Di cui nessuno parla. Perché è più facile dare la colpa all’ultimo della pista. Vediamo nel dettaglio:
Il Team Leader del gruppo di lavoro di Radu: SAMIR HANDANOVIC
Neanche troppo tempo prima della partita col Bologna, Oscar Damiani, il procuratore di Radu, aveva manifestato una certa insofferenza per come l’Azienda stesse trattando il dipendente Radu. Non gioca mai, nemmeno le partite che contano poco o la Coppa Italia, storicamente competizione lasciata al secondo portiere, pare per volontà di Handanovic di giocarle tutte lui. Comprensibile ma poco lungimirante. Un po’ perché sei anziano e il rischio infortuni e alto e un po’ perché poi succede che ti infortuni davvero e il tuo “secondo” non ha minuti nelle gambe e rischia di aver bisogno di tempo per ritrovare il ritmo partita e, soprattutto, le certezze. Certezze già minate dal fatto che il board dell’Azienda ha già comprato, da mesi, un nuovo portiere per la prossima stagione (tra l’altro un bidone che son sicuro ci regalerà un sacco di spunti per Jobbermag, ma questa è un’altra storia, n.d.r.) e sai come funziona in Azienda: chi viene da fuori è sempre meglio di chi è già dentro da anni. Finché non entra pure lui e finisce in questa logica rotante.
Il Capo del Capo di Radu. L’HR Director: SIMONE INZAGHI.
Un gestore di persone sa che quanto visto nel punto precedente non dovrebbe succedere mai. I dipendenti devono sentirsi tutti utili, tutti con un ruolo, tutti parte del progetto. Altrimenti si demotivano e finiscono per lavorare male. Anche se, e quando, sono bravi. E questo a chi va in culo caro il mio Capo? A te. E ai tuoi risultati.
Il collega di Radu: IVAN PERISIC
I Capi sono spesso il peggio. Ma a volte anche i colleghi non sono male. Spesso ti mettono in difficoltà apposta. Se sbagli tu, vincono loro. A volte, e forse son le peggiori, tu paghi colpe dei loro errori. E loro manco se ne rendono conto. È l’esempio di quello che è successo durante Bologna - Inter e che ha portato all’errore, grave e decisivo, di Radu che ha praticamente distrutto le speranze di chiudere l’anno in positivo per l’Azienda Inter. Tralasciando il fatto che prima dell’errore tutto il Team Inter non stava ottenendo il risultato prefissato, infatti anche il pareggio sarebbe stato deleterio e insufficiente. Ma soffermiamoci solo sulla specifica azione che ha portato al decisivo gol del 2-1 di Sansone: Ivan Perišić prende una decisione disastrosa, mettendo in tremenda difficoltà il suo compagno di Team.
Se passi la palla al portiere gliela devi dare rasoterra e mai (mai, mai, mai, mai e poi mai) nello specchio della porta. Ma sempre in un cono che preveda l’errore del portiere con la palla che finisce, alla peggio, in calcio d’angolo.
È una cosa che insegnano alla Scuola Calcio quando hai 8 anni.
IN FINALE
Radu non giocava da mesi, i piedi, per un portiere, anche se al giorno d’oggi tutti si riempiono la bocca con concetti come “costruzione dal basso”, sono sempre una fonte di grande stress (👋 Donnarumma), oltretutto all’80esimo di una gara decisiva per lo scudetto tutto si amplifica, risultato: il dipendente sbaglia, l’Azienda perde soldi, ma la colpa non è poi troppo tutta sua.
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Piuttosto, a te quante volte ti è capitato di “essere messo in condizione di sbagliare”?
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Copertina Jobbermag #11 | Vol.3 | Maggio 2022