Doveva essere una settimana di pausa, in vista della prossima che avrà un po’ di novità. Ma poi ho letto questa intervista al buon vecchio Arrighe e, in mezzo alle solite marmellate sull’importanza del gruppo e della supremazia del gioco sul singolo che ci propina sulla Gazza da ormai 20 anni, ho trovato uno spunto interessante.
Si parla di pressing. Pressing positivo e pressing negativo.
“È una straordinaria arma vincente. Perché fa crescere la tua autostima e la toglie agli avversari. In più ti fa acquisire la mentalità vincente e fa risparmiare energie alla squadra. Il pressing porta solo vantaggi”.
Allora mi sono immaginato in Azienda quando il Capo ti pressa con inutili sfuriate manco dovessi operare a cuore aperto. Ma la verità è che in Azienda, come in campo, il pressing deve essere un lavoro di gruppo. Pressing sul progetto, per ottenere un risultato, non pressing sul compagno per mettergli pressione psicologica.
Infatti quando ad Arrigo chiedono se ci siano controindicazioni al pressing, lui risponde:
"Ne esiste una sola: farlo male”.
E poi, la chicca:
“Se invece la squadra aggredisce insieme l’effetto è che l’avversario va in difficoltà, non gli sembra di giocare contro 11 giocatori ma molti di più… Ed è così che anche giocatori bravi ma non campioni come i Colombo e gli Evani, pensando ai miei tempi, diventavano leoni. Quando si corre con la squadra e per la squadra, tutti sfruttano la sinergia e migliorano. Per ottenere quella sinergia però servono generosità, applicazione, motivazione, ma soprattutto intelligenza”.
Se in ufficio sei un Bubu Evani, il tuo Capo deve metterti nelle condizioni di sprigionare le tue capacità per fare gol al 118esimo della finale di Coppa Intercontinetale, non sfinirti e umiliarti a suon di “questo lo voglio per ieri”.
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Copertina Jobbermag #8 | Vol.2 | Marzo 2021