Romelu Lukaku è un ottimo giocatore, non certo uno che rimarrà nella storia del calcio, né un bomber da 80 milioni di euro. Né tantomeno uno dei migliori 5 giocatori al mondo come lui stesso si è proclamato giusto pochi giorni fa in un’intervista alla prestigiosa rivista France Football. Ma queste sono mie opinioni personali. Non valgono molto e solo il tempo e la storia ci diranno la verità.
Su questo Magazine mi è capitato invece di usare Lukaku come metafora, non prendendo ispirazione dal suo valore di giocatore, bensì da un suo atteggiamento al lavoro, una certa tendenza a chiamare la palla e sbuffare qualora questa non gli arrivi. Come se volesse spiegare agli altri come lavorare. Nei mesi ho ricevuto critiche per questo. Se ti va facci caso però, prendi una partita qualsiasi dell’Inter e vedrai che per ogni azione muove i braccioni suggerendo il passaggio e a fine di ogni azione sbuffa se non è successo quello che aveva immaginato lui. Ma la risposta migliore a questa mia personalissima querelle l’ha data il Pirlo giocatore:
Quando sei libero, io ti vedo. Non c’è bisogno di gridare, perché altrimenti anche gli avversari capiscono che sei smarcato!
Nella memoria collettiva del pareggio dell’Inter di mercoledì scorso in casa contro lo Shakhtar Donetsk che ha sancito la prematura, e inaspettata, uscita della squadra di Antonio Conte dalla Champions League è rimasto quell’incredibile salvataggio di Romelu Lukaku a un metro dalla porta dello Shakhtar sul colpo di testa a botta sicura di Alexis Sanchez a pochi minuti dal novantesimo. Ancora una volta Big Rom è stato determinante alla rovescia. Quella vecchia lenza juventino-maliziosa del mio Avvocato che vive in Belgio e che ormai avete imparato a conoscere mi ricorda che anche in Finale di Europa League pochi mesi fa l’Inter ha perso perché Lukaku aveva segnato, sì, ma nella propria porta. Ma questo è materiale per meme e sfottò. Legittimi, poi tutto passa.
Quello che ai miei occhi è assolutamente sconcertante non è la sfortuna, la carambola, se ne vedono spesso, fa parte del gioco, bensì la totale assenza di percezione.
Se guardate da una ripresa ad ampio angolo potete vedere che mentre l’azione si sviluppa, prima sulla destra e poi in mezzo, Lukaku è totalmente immobile, nell’area piccola, a un metro dalla porta, davanti al portiere, in fuorigioco clamoroso.
Tant’è che quando viene colpito dalla bordata del cileno sembra ridestarsi tutto di un colpo con gli occhi sgranati quasi a dire “Ma cosa sta succedendo?”
Nel momento più importante della stagione, quello per cui tutti avete lavorato duramente e verso cui tutti state riponendo sforzi e speranze, tu non hai minimamente idea di quello che sta succedendo. Non sai dove ti trovi e perché. Perché altrimenti non staresti immobile, lì. In fuorigioco di 3 metri. Ti staresti muovendo. Staresti cercando di partecipare all’azione. Di fare gol. O di farlo fare a qualcuno dei tuoi. Invece no. Immobile. Una statua egizia.
Staresti chiamando la palla almeno!
Pure D’Ambrosio è in fuorigioco. Lì, di fianco a te, a sinistra. Ma si vede chiaramente che lui ci è finito sull’inerzia dello sviluppo dell’azione. Lui si sta muovendo, coi suoi compagni. Sta lavorando. Tu, no. Sei immobile. Fermo, in mezzo. Tutti intorno si stanno dannando l’anima per l’ultimo assalto disperato all’arma bianca. E tu? Inutile. E dannoso. Pensa quanto dovrebbero sbuffare i tuoi colleghi. Ma non lo faranno, perché lo sanno che una squadra è una squadra sempre. Ognuno col suo ruolo e la possibilità di sbagliare.
Il grande Dio Calcio poi è così beffardo da far sì che il colpo di testa vincente di Sanchez sbatta proprio addosso a te, rendendo questo momento tra il mitologico e l’indimenticabile. O forse lo ha fatto per ricordarti che il calcio è un gioco di squadra, dove ognuno ha il suo ruolo e il suo compito ed è inutile perdere tempo a spiegare agli altri come fare il loro lavoro. Specie se poi tu rovini tutto facendo male il tuo.
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Copertina Jobbermag #15 | Vol.1 | Dicembre 2020