Quando pensi di saper fare il tuo lavoro, ma poi ti mettono a lavorare veramente (occhio).
Spiegato da Lukaku e Chiellini
DISCLAIMER 1: Sì lo so, avevo detto che la stagione di Jobbermag si sarebbe chiusa col pezzo su Çalhanoğlu di settimana scorsa e che ci saremmo rivisti a Settembre, ma non ho resistito.
DISCLAIMER 2: Questo pezzo e questo tema rientrano nella mia personalissima teoria chiamata Sindrome Mundial, mutuata dallo sport ma applicata al mondo del lavoro, che però qui non ho ancora sviluppato. Arriverà. Intanto iscriviti a Jobbermag se ti va!
Buona lettura. E buone vacanze se, davvero, non ci sentiamo più.
Lukaku non è un campione. È un buon giocatore, ma non un fuoriclasse. Non un bomber, non un game changer. Del resto nessuno lo pensa, tranne lui. Solo lui può proclamarsi Top 5 attaccanti al mondo o in corsa per il Pallone d’Oro. Ma noi qui in Jobbermag lo sappiamo che non ha alcun senso, né possibilità.
Ma che lui lo dica e, sicuramente, ci creda veramente, ci sta. Fa parte del gioco e del giusto ego che bisogna mettere quando ci si propone in contesti di alto profilo.
Ma tu occhio quando ti proponi in contesti di alto profilo. Sei sicuro di poterci stare? O rischi di rimanere bruciato?
Lo si può vedere da ambo le visuali:
Quante volte ti è capitato che ti arrivasse in team un nuovo capo-manager grondante di proclami super pompato e poi alla prova dei fatti hai pensato: scusa ma, tutto qui? O quante volte tu stesso ti sei proposto per fare il tuo lavoro in un’altra azienda, ma una volta entrato ti sei reso conto che il livello richiesto era estremamente più alto. Eppure tu eri convintissimo di essere al top del game.
Lukaku è un buon giocatore. È un ragazzo sensibile, è simpatico. Uno che sicuramente rende molto in alcuni contesti (ad esempio nel modesto campionato italiano vinto dalla meno modesta di tutte Inter di Conte che, intelligentemente, gli ha costruito la squadra intorno permettendogli di rendere al meglio, ma impedendogli così di vedere i suoi limiti) e probabilmente aiuta chi lavora con lui. Un po’ alla Ibra (a tal proposito ho in agenda uno spumeggiante “Il tuo Capo è come Ibra? Bravo ma se la crede un po’ troppo?” che farà incacchiare i più… se non vuoi perderlo iscriviti a Jobbermag e vieni a dirmelo, così mi convinco a chiuderlo e pubblicarlo all’inizio della prossima stagione magari). Ma come Ibra (ehi, il paragone tra i due è follia eh, sia chiaro) sparisce nelle situazioni che contano.
Eh, ma è capocannoniere all time del Belgio!!!!1!!1!!
Sì, ma vai a guardare quanti gol ha fatto nelle partite che contano. Ossia nelle fasi finali, a eliminazione diretta, dei grandi tornei internazionali. Te lo dico io:
⚽ Mondiali 2014, uno.
⚽ Europei 2016, zero.
⚽ Mondiali 2018, zero.
⚽ Europei 2021, uno (su rigore, inesistente, contro di noi l’altro giorno, zittendo anche Donnarumma, chissà perché poi, che si sarà fatto una sonora risata).
⚽⚽ Totale: 2 gol, sui 64 realizzati in nazionale, hanno avuto un qualche peso.
Il tutto giocando nel Belgio più forte della Storia del calcio e nella Nazionale più forte di questi tempi, al Numero Uno del Ranking Fifa da anni. Con dietro De Bruyne e Hazard probabilmente quei gol li avrebbe fatti anche Mertens o Benteke. Insomma poco più che un Pancev nella Stella Rossa di Belgrado degli anni ‘90. Con la differenza che il Ramarro (così era chiamato il giocatore macedone transitato, senza troppa fortuna, anche in Italia, guarda un po’, all’Inter proprio) una Champions l’ha vinta (contro l’Olympique Marsiglia. A Bari, io c’ero, ma questa è un’altra storia). Ah, la Champions. È lì il terreno dove si vedono i veri bomber. Ed è lì che Lukaku ci ha lasciato un’immagine iconica del suo peso internazionale.
Occhio a proclamarti il migliore nel tuo lavoro. Prima verifica di averlo svolto con coscienza e competenza al massimo livello possibile. Non pensare che basti essere il migliore del tuo cortile, per essere il migliore fuori dal cortile.
Lukaku è un ottimo centravanti. In un’epoca dove non difende più nessuno. Ma è bastato metterlo a lavorare con chi questo lavoro lo sa fare per davvero: Pepe (38 anni) agli ottavi col Portogallo e Chiellini (quasi 37) ai quarti con l’Italia, che, in un attimo, il valore del profilo professionale e del curriculum di Lukaku è stato riportato alla sua valutazione reale, sul campo. Non a quella che si crede, a parole.
Occhio tu.
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Copertina Jobbermag #18 | Vol.2 | Luglio 2021