L’altro giorno mi chiama un amico e mi dice:
“Matte, l’azienda dove lavoro da quattro anni non mi vuole dare l’aumento che merito. Allora sono andato a offrirmi ai nostri competitor numero 1. Sapevo che cercavano un profilo come il mio e in due minuti ho ottenuto lo stipendio che volevo”.
Quell’amico è Hakan Çalhanoğlu. O forse no.
Ma se ci pensi può essere chiunque. Pure tu. Anzi soprattutto tu, ammettilo.
“Mi spiace eh. Mi trovavo bene lì. Il capo mi considerava importante, negli ultimi anni abbiamo anche ottenuto dei buoni risultati e i colleghi mi erano tutti simpatici. Anche quello alto col nasone che dice sempre di chiamarlo Dio, ma poi nel team si faceva vedere un giorno su tre”.
Tralasciamo ora il pensiero che ok il calcio è un mondo a sé, che ok i calciatori hanno stipendi sproporzionati, che trasferirsi dal Milan all’Inter è alto tradimento e che Çalhanoğlu non meritava assolutamente un aumento (questo è un mio parere personale). Tralasciando questo, quello che ha fatto il dipendente Çalhanoğlu è esattamente quello che fanno tutti i dipendenti continuamente. Quelli che hanno un minimo di mercato perlomeno (ma a volte basta un amico inserito…).
👉 Cercare un posto di lavoro con uno stipendio un pochino più alto.
Chissenefrega se dove stai ti trovi bene, se il capo è un figo, se i colleghi sono amici, se l’azienda va bene, se ti han dato il premio, se il fatturato cresce, se lavori vicino a casa, se hai lo smart working, i ticket restaurant, l’asilo interno e quella dell’amminstrazione ti guarda quando passi.
Un dipendente anche quando fa il lavoro che ama non lavora mai perché ama il suo lavoro, ma per lo stipendio. E un po’ per ingordigia e un po’ perché nella società di oggi la moneta è il metro di valore: vuole sempre uno stipendio più alto. E allora qual è la soluzione più semplice? Proporsi nello stesso ruolo, da un competitor: non devi spiegare il tuo lavoro, non devi spiegare chi sei, cosa fai, da dove vieni. Ti danno 3 lire in più, vai.
Non me ne vanto ma ho lavorato qualche anno nel reparto HR di una importante PMI italiana nel campo della comunicazione digitale. Quotidianamente ricevevamo candidature provenienti dai nostri primi competitor. E oggi se guardo LinkedIn quasi tutti i miei ex colleghi sono da competitor. Si trovavano male da noi? Lavoravano male da noi? L’ambiente era brutto? Il capo pessimo? Il fatturato in salita o discesa? Non lo so. Ma son sicuro che hanno cambiato per qualche soldo in più.
Ecco, la fortuna di Çalhanoğlu è che ha potuto farlo senza manco cambiare città. Niente Ravenna, Cremona, Genova, Parigi. Milano su Milano. Tac.
🤔 PS: si è vero il sottotitolo dice “I 10 motivi…”, ecco c’è uno zero di troppo.
🤔🤔 PS2: in realtà sarebbe interessante anche analizzare come mai le aziende continuino a passarsi gli stessi dipendenti in situazioni che 9 volte su 10 non spostano l’equity di una virgola. Un po’ come Arthur/Pjanic. E quasi mai Pirlo/Brncic 😳. Ma ne parleremo un’altra volta.
Potrebbe essere l’ultimo numero di Jobbermag prima della pausa estiva. Ti manca? Jobbermag tornerà a settembre con un po’ di sorprese. Se hai delle idee, se c’è qualcosa che vorresti trovare su Jobbermag, se hai delle proposte…
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Copertina Jobbermag #17 | Vol.2 | Giugno 2021